Nella seconda metà degli Anni Settanta, quando frequentavo il Liceo, i miei interessi extrascolastici, oltre alla pratica dei tuffi, erano la musica e l’elettronica di Alta Fedeltà; amavo registrare le esibizioni musicali dal vivo sia per il piacere di riascoltare in privato i miei artisti preferiti, sia per il gusto di catturare nuove tracce audio di qualità dinamica superiore da provare sui diffusori acustici che costruivo. Quando mi recavo a un concerto – con registratore e microfoni opportunamente nascosti – lo facevo sempre con un certo disagio, consapevole d’infrangere una regola ben nota a tutti; registravo, sì, ma promettendomi che mai avrei reso pubblico quel materiale. Negli anni ho, così, catturato concerti d’ogni genere, ovviamente prediligendo quelli di chitarra: Narciso Yepes, Baden Powell, Toquinho, Irio De Paula, Paco De Lucia, Antonio Carlos Jobim, Herb Hellis, Charlie Byrd, Barney Kessel, Leo Kottke, Jorma Kaukonen, John Renbourn, Stefan Grossman, Stan Getz… Oggi credo che la pubblicazione di un “live” non costituisca più reato (dal momento che i telefonini hanno praticamente cancellato ogni riservatezza e tutto finisce nel Web) anzi, può fornire un prezioso documento in più a storici, studiosi e semplici appassionati.
Il primo concerto che registrai fu proprio quello di Narciso Yepes a Napoli, nel Chiostro di Santa Chiara, il 14 Febbraio del 1978, organizzato dall’Associazione Alessandro Scarlatti. Mi preoccupai di arrivare in sala con un certo anticipo, onde sistemarmi il più possibile vicino al palco. Presto mi accorsi, però, che quella possibilità era già svanita: restavano libere solo alcune sedie all’ingresso della sala, troppo lontane da Yepes e con troppo pubblico interposto; intuii subito che l’unico modo di effettuare una registrazione di buona qualità e senza troppi rumori sarebbe stato quello di sistemarmi nel punto opposto, in fondo alla sala, quasi alle spalle di Yepes, dove c’era ancora posto libero. La sala Mariacristina, lunga e riverberante, ha come palcoscenico una semplice piattaforma di legno alla quale si accede, mediante dei gradini, dal retro; le persone che, come me, non erano sedute in platea, vi si erano sistemate tutt’intorno (non c’era ancora l’attenzione alla sicurezza che vige oggi). Per la registrazione, ero munito di un’attrezzatura piuttosto rudimentale: un Philips monofonico portatile in perfetta efficienza, pile a lunga durata e, punto di forza, un microfono a condensatore Aria per uso professionale. Mentre approntavo l’attrezzatura, la sala cominciò a riempirsi fino all’inverosimile: gli spettatori si ammassavano dappertutto, alcuni addirittura erano saliti sui davanzali delle finestre che davano sul chiostro (chiuse, per fortuna!) pur di assicurarsi una buona visuale. Quando Yepes giunse sul posto – con notevole ritardo a causa di un disservizio ferroviario – non esistendo altro accesso al palco, fu costretto ad attraversare tutta la sala creandosi un varco in quella calca impenetrabile insieme al suo chitarrone (molto ingombrante nella custodia); girò intorno alla piattaforma (ricordo che mi passò davanti) e, infine, scalò i gradini che lo separavano dalla sua postazione. Dopo aver aperto l’astuccio per liberare la sua poderosa Ramirez a dieci corde, si accomodò; non perse tempo a riscaldarsi (rubò giusto pochi minuti per l’accordatura) perché il pubblico, stressato dall’attesa, cominciava a spazientirsi. Annunciata la sua decisione di volersi esibire per un tempo unico (onde evitare di attraversare nuovamente la sala) e ottenuto (non senza fatica) il silenzio, iniziò a suonare…
Il programma previsto fu totalmente stravolto (si salvarono solo “Sarabanda e Double in Si m.” di Johann Sebastian Bach e le “Variazioni sul Tema, op.28” di Fernando Sor) ma i brani della nuova scaletta, presentati di volta in volta dallo stesso Yepes in un colorito italiano, appagarono comunque e grandemente la curiosità e le aspettative dei fortunati spettatori .
(Note tecniche)
Nell’operazione di restauro, sono stati preservati l’annuncio iniziale, le presentazioni ai brani e tutti i commenti del maestro, allo scopo di restituire con la massima fedeltà il clima magico di quella serata in cui, a dominare, furono non solo l’eccellenza musicale ma anche la professionalità e la simpatia di questo genio della chitarra che, nonostante le condizioni ambientali avverse, seppe onorare mirabilmente il suo impegno; sono stati, invece, attenuati o del tutto eliminati, a seconda dei casi, il naturale fruscio dell’audiocassetta (una Basf SM al diossido di cromo), i ronzii dell’impianto elettrico, le sporadiche emissioni radio captate dal microfono, i tanto fastidiosi quanto inevitabili colpi di tosse, gli applausi troppo lunghi e i rumori della strada (all’inizio della Sarabanda si sentiva addirittura il fischio caratteristico del venditore ambulante di nocelle in giro per il centro storico di Napoli). Per l’editing, il maestro Giorgio Savarese si è servito di un computer Mac provvisto dei programmi Logic Pro e Isotope RX 8 che consentono una dettagliata visualizzazione dello spettro audio e un’estesa capacità d’intervento; inoltre, è stata anche ampliata l’immagine sonora, correggendo la piattezza della registrazione monofonica originaria.
Napoli, 3 Marzo 2021 Stefano Russo
P. s.: Ringrazio la signora Chiara Eminente dell’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli per le immagini del programma di sala e i colleghi Fabio Mastroianni e Clara Campese per le informazioni.