La ricerca musicologica al servizio della didattica

Evoluzione del percorso musicologico nella mia esperienza di docente di conservatorio

In questo mestiere spesso è la casualità che determina particolari interessamenti per l’uno o l’altro autore. Anche l’approccio al catalogo è casuale.

Più maturo è meglio

Da più parti vige la convinzione che il brano migliore sia quello con il numero d’opera più avanzato, cioè scritto negli anni della piena maturità dell’artista. Eppure l’esperienza e l’indagine meticolosa, confrontando più opere dello stesso autore mi ha dato modo di constatare che quelle giovanili siano spesso maggiormente ispirate ed originali.

Parrebbe che valga anche per i compositori la ripetizione sistematica di formule usate in gioventù e la commercializzazione del pensiero creativo. Alla eccessiva produttività ovviamente corrisponderà una correlata diluizione tanto da ritardare o contaminare la corposità delle originali idee offuscando quindi la loro fantasia con obbligate e ripetitive formulazioni metriche, armoniche e melodiche.

La prima esecuzione

Quando si tratta di musica inedita e sconosciuta, si pretendeva di “essere il primo”. Quante “Prima esecuzione mondiale moderna”, debitamente asteriscate, ho visto! Musica per “defloratori” di repertorio vergine…

All’inizio della mia attività, quando i mezzi informatici e tecnologici erano limitati l’ignoranza regnava sovrana, si procedeva a tentoni. Recuperare materiale da lavoro era cosa faticosissima, costosa e lunga. Di ogni autore ero solito mettere in produzione l’opera che per prima mi capitava sotto mano.

Su questo devo dire che la fortuna mi ha assistito poiché tutti i lavori prodotti e pubblicati dalla Fondazione Araniti occupano un posto di rilievo nel rispettivo catalogo di ciascuno dei numerosi autori trattati.

Internet e la cultura a buon mercato

Oggi chiunque può raggiungere la conoscenza globale di ogni disciplina e quindi con pazienza e buon senso gestirla ed amministrarla per un proprio tornaconto. Questo però non vuol dire che lo fa o che lo fa bene. Come giustamente rilevato da Dunning-Kruger, l’ignoranza endemica ed il pressappochismo sul posto di lavoro sono diventati la regola.

L’avventura editoriale e il supporto degli allievi

Tra le tante difficoltà, in quegli anni, le musiche dovevano rispettare, in rigoroso ordine di priorità, una precisa tempistica e cioè che l’apprendimento completo avvenisse nell’arco di un intero anno accademico permettendo agli allievi il contestuale raggiungimento della piena maturità esecutiva.
Trattandosi tassativamente di musica inedita e sconosciuta, pretendemmo tutti che nel depliant ciascun titolo fosse asteriscato richiamando in calce alla pagina l’espressione: “Prima esecuzione mondiale moderna.”
Si evince quindi che l’aspetto didattico, per oltre 40 anni della mia carriera di ricercatore e quindi di maestro di chitarra, fu nobilmente condizionato da questa sostanziale esigenza.
Mi resi conto, molto più tardi, che le competenze, in quanto assistite da moderne e precise regole scientifiche, miglioravano e che le strategie nelle scelte delle diteggiature per entrambe le mani, dovendo essere essenzialmente asservite a quell’unico scopo (la migliore performance di fine corso), divennero prioritarie.

Non ho ancora detto che la scelta del brano era sottoposta democraticamente e responsabilmente al vaglio dell’attore principe di quella condivisa operatività. Anche perché da quel momento in avanti il lavoro settimanale, per ciascuno di loro (erano appena tre o quattro assoggettati a tale innovativa sperimentazione) sarebbe stato prioritariamente funzionale al raggiungimento di quella precisa meta.

L’interazione con la didattica

Da allora in avanti le scelte si differenziarono permettendo a settori specifici di repertorio, precedentemente banditi per preconcetti storico, estetici e culturali, di emergere nelle giuste percentuali all’interno della nostra attività lavorativa ancora oggi in auge.

Si consolidò quindi una operatività nuova tanto da rivoluzionare e a mio avviso superare, soprattutto in produttività, i precedenti presupposti canonici della didattica storica dei grandi maestri di sempre. Per primi quelli meno noti o poco praticati e solo successivamente gli altri.

In questo contesto didattico (e di fatto durante il mio insegnamento in conservatorio) il modesto allievo sin dal suo primo apprendistato assurge in maniera incontestabile a centro di produzione offrendo anche in remota periferia pagine di inauditi quanto inediti originali la cui conoscenza avrebbe dovuto essere di supporto agli storici per il completamento dei loro libri, oggi miseri mosaici ancora privi di molte tessere.

L’apporto fondamentale dell’allievo

L’allievo era parte importante nelle scelte per la revisione del brano in quanto le diteggiature venivano evidentemente confezionate su misura assecondando quanto più possibile le sue particolari predisposizioni e contestualmente superando eventuali imperfezioni in natura presenti nella sua struttura ossea o/e tendinea.

Da un tale consistente travaglio intellettuale, consumato e condiviso sul campo, scaturirono, in maniera del tutto inaspettata, anche quadri operativi di rilievo con rare specifiche abilità nel fornire i migliori suggerimenti e tutti i controlli nei parametri psico fisici e propriamente dinamici nella didattica soprattutto per la scelta iniziale del migliore approccio possibile per lo studio del nostro strumento; il loro supporto, in gergo storico legalmente riconosciuto con il termine di tirocinante o maestrino tirocinante, occasionalmente dimostrava la sua utilità nel completamento o affinamento del mio ordinario lavoro.

É evidente che persino la Musicologia, specifica di quel lavoro che inizialmente mi estasiava, perdesse la sua prevalenza a totale vantaggio e asservimento verso la funzione didattico strumentale, tanto che ancora oggi perdura e si rinnova ogni qualvolta precise scelte di prassi esecutiva dettano responsabilmente imprescindibili direttive dinamiche sul testo musicale.

Please follow and like us: