Premesse a un discorso sul Metodo Scientifico riguardanti le migliori pratiche (best practices) per una sana e consapevole ricerca.
di Luca Bianchini e Anna Trombetta
Chi stabilisce oggi sui libri di musica che il clavicembalo meriti pagine e pagine di fitta descrizione, mentre la chitarra poche righe striminzite?
Il principio di autorità
L’Argumentum ab auctoritate, o principio d’autorità, serve a provare che uno strumento musicale vale più d’un altro, che un compositore è minore, o al contrario che è grande, titano, minimo, dio, prodigio, o genio. Le storie della musica sono animate da semidei, eroi, miracoli di natura, tanto da somigliare più a mondi fantasy dai quali la chitarra è naturalmente esclusa. A stabilirne l’esistenza è il principio di autorità, cioè quello che ti hanno insegnato sino all’altro giorno sulla musica, la storia della musica, e il ruolo comprimario della chitarra.
Ipse dixit
“Ipse dixit” in latino significa “l’ha detto lui stesso”. Secondo questo principio aristotelico, ciò che hanno scritto gli storici musicali, i critici e i musicologi di successo non va interpretato e messo in discussione, ma accettato così com’è. L’argomento d’autorità, che equivale in pratica all’ipse dixit, dimostra tutta la sua debolezza essendo errato già dalle premesse (1).
[1. Andrea Gilardoni, Logica e argomentazione. Un prontuario; Sul principio d’autorità vedi il capitolo sulle “fallacie e le domande critiche”, Mimesis, Milano 2005, pp.147 e segg.]
Errori di valutazione
O l’autorità capisce poco o nulla di una determinata materia, oppure, come capita spesso per la musica, gli esperti non vanno affatto d’accordo. Non è per nulla difficile farli bisticciare, e basta uno che sostenga il contrario perché crolli l’intero edificio. La chitarra merita almeno lo stesso spazio che si riserva sui libri al clavicembalo, eppure nella voci enciclopediche del DEUMM alla chitarra sono dedicate 4 paginette, tavole incluse, e invece circa 22 pagine al clavicembalo (2). L’autorità scientifica evidentemente ha deciso così, anche se questa sproporzione non ha alcun motivo d’esistere.
[2. DEUMM Il Lessico, I, pp.543 e segg. per la chitarra; le pp.583 e segg. riguardano invece il clavicembalo.]
Le risate degli dei
Osservava giustamente Einstein, che “Nel regno di chi cerca la verità non esiste autorità umana, e chiunque provi a giocare a fare il capo è sommerso dalle risate degli dei” (3).
[3. Albert Einstein, “Iscrizione per l’Istituto Marx-Engels” del 1952, citato in Alice Calaprice, The Ultimate Quotable Einstein, Princeton University Press, Princeton 2011, p.467.]
Per Einstein può darsi che gli accademici trovino il modo di far credere certe cose per via d’autorità, come il fatto che il clavicembalo sia più importante della chitarra, ma c’è un mondo eterno di risate ad attenderli.
Princìpi di funzionamento
Come funziona in pratica il principio d’autorità? Questa figura retorica trova applicazione nei manuali di musica. Può essere ridotta a semplice schema. Se un tale ha detto il vero riguardo a certi fatti, ed è quindi considerato un’autorità nel suo campo, continuerà ad essere credibile per qualsiasi cosa dica. Ha azzeccato A e quindi, se sostiene B, deve essere per forza nel giusto. Far leva sull’autorità è un errore assai potente perché l’autorità è difficile negarla. Questo principio consiste “nell’appello alle affermazioni, alle ricerche, alle esperienze, alle azioni di qualcuno o qualcosa che vanta un’autorità in un certo settore”. È chiaro, invece, che “non significa nulla avere autorità in qualche campo” (4). Ogni affermazione di un esperto va perciò sempre valutata in senso critico.
[4. Andrea Fontana, Fake news: sicuri che sia falso?: Gestire disinformazione, false notizie e conoscenza deformata, Hoepli, Milano 2018.]
Una rivista autorevole
Se fosse valido il principio d’autorità, dovremmo dedurre che quel poco che l’Allgemeine musikalische Zeitung ha scritto e male su Mauro Giuliani deve essere per forza di cose vero, visto che ha pubblicato osservazioni puntuali e corrette, così dicono, riguardo ad esempio Johann Sebastian Bach.
Molti s’appoggiano ancor oggi a quel che scrisse la rivista tedesca, sostenendo che è “autorevolissima”, anzi la più autorevole tra quelle del 1800:
“la Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia – la più autorevole rivista musicale dell’epoca” (5);
[5. Amici della musica di Padova, Libretto di Sala di venerdì 3 novembre 2017.]
oppure: “… della sua fama testimonia l’onore di aver un necrologio sulla autorevolissima rivista Allgemeine Musikalische Zeitung” (6).
[6. A.A.V.V., Archivio Storico Bergamasco, rassegna semestrale di storia e cultura, Lubrina Editore, Bergamo 1987, p.113.]
Fu proprio l’Allgemeine a pubblicare dei plateali falsi, ad esempio nel 1815 la “Lettera di Mozart al Barone von P.”. Il falsario in quel caso non fu uno qualunque, ma Friedrich Rochlitz, che ai tempi era addirittura il direttore della prestigiosa rivista e che riuscì a falsificare la lettera 25 anni dopo che Mozart era morto (7)!
[7. Luca Bianchini, Anna Trombetta, Mozart La costruzione di un genio, Youcanprint, Tricase (Lecce) 2019, pp.79-81.]
E allora come la mettiamo? Il parere della Allgemeine Musikalische Zeitung dovrebbe contare uno zero! E se la cosa vale per quella rivista, figurarsi per gli altri organi di stampa che la musicologia scambia da sempre per fonti attendibili, ma non certo ai livelli dell’Allgemeine!
Il pensiero critico
L’appello al principio di autorità è falso perché è irrilevante tirare in ballo l’autorità per stabilire se una cosa è vera oppure no. E infatti gli aristocratici della chitarra controbattono questo principio con efficacia, professandosi da sempre cultori del dubbio e del pensiero critico.
La forza del gruppo
Altri per sostenere le proprie ragioni chiamano in causa il principio d’autorità di un nutrito gruppo di persone (8).
[8. Di questo particolare tipo di fallacia, e dell’impiego mirato che ne fa la pubblicità, parla in modo approfondito Douglas Walton e David Walton, Informal Logic: A Handbook for Critical Argument, Cambridge University Press, Cambridge 1989, pp.84 e segg.]
Si tratta di una variante del principio di autorità, e funziona spesso anche in musica. Mozart ha trascritto a memoria il Miserere di Allegri perché così raccontano tutti, e tutti non possono sbagliarsi, anche se c’è qualcuno tra gli addetti ai lavori che, in base a fatti accertati, sostiene a ragione il contrario (9). Non è la maggioranza che stabilisce la verità.
[9. Luca Bianchini, Anna Trombetta, Mozart La caduta degli dei – Parte prima, Youcanprint, Tricase (Lecce) 2016, pp.260 e segg.]
Effetto carrozzone
L’Argumentum detto ad populum conta sul favore del pubblico. Una cosa è vera se è condivisa da molti, e tutti si aggregano per opportunismo. L’effetto che ne risulta è meglio conosciuto come “effetto carrozzone”, o più efficacemente “bandwagon”, al quale si dedicano da tempo psicologi, sociologhi e psichiatri. La parola inglese fa pensare ai carri da parata che trasportano le bande musicali, come quelli che sfilano durante il carnevale. Su quel mezzo sgangherato di trasporto sta la banda a suonare, e uno può salirci sopra risparmiando a se stesso il fastidio di camminare per strada con le proprie gambe. Allo stesso tempo può ascoltarsi gratis della musica che gli altri hanno scelto al posto suo (10).
[10. Douglas N. Walton, Appeal to Popular Opinion, The Pennsylvania State University Press, Pennsylvania 199, pp.99 e segg.]
L’istinto del gregge
Considerata la comodità di non pensare con la propria testa, la “bandwagon” dipinge alla perfezione quello che capita nelle sale da concerto. “L’istinto del gregge”, del quale parla anche Nietzsche nella Gaia scienza (11), suggerisce che non sia il caso di eseguire sonate, sinfonie, concerti diversi da quelli di Mozart o di Beethoven. Guai a puntare per una volta su capolavori di Muzio Clementi, su musica per chitarra, o sulle straordinarie pagine di Alessandro Scarlatti. L’autorità dice che Mozart e Beethoven, i quali non si sono mai distinti come chitarristi, sono il meglio del meglio e il gregge s’adegua.
[11. Friedrich W. Nietzsche, La gaia scienza, a cura di Sossio Giametta, RCS, Milano 200, nn.116 e segg.]
I pensatori collettivi
Il pensare collettivo dei gruppi di musica può esser ben definito “Groupthink”. Si tratta di una patologia che spinge a un comportamento deviato. È impossibile pensarla diversamente, perché le dinamiche di gruppo escludono gli individui non allineati (12).
[12, Clifton Wilcox, Groupthink: An Impediment to Success, Xlibris, USA 2010.]
Nel mondo della musica s’eleggono a vangelo raccolte di aneddoti, biografie più o meno leggendarie, e riviste commerciali di CD. Sono queste a guidare gli amateur negli acquisti ragionati, consigliati e recensiti a 5 stelle. I media stabiliscono erroneamente che il Barocco va dal 1600 al 1750, mentre in letteratura e in arte il Barocco finisce negli ultimi decenni del Seicento. Sono i media a sostenere che la chitarra occupa un posto marginale nel Barocco, o “Età del Basso continuo”, come la chiama Hugo Riemann, musicologo tedesco che impareremo a conoscere tra poco. Negare che il Barocco sia durato centocinquanta anni e forse più sarebbe il minimo da fare, ma scombussolerebbe le categorie commerciali che sono bell’e pronte e studiate per vendere.
Il “Groupthink” pone i membri di un gruppo nello stato della cosiddetta “dissonanza cognitiva”, in cui uno si sente sciocco, ingenuo, stupido, appunto “dissonante” se non la pensa come il gregge. Si tratta di un bisogno fondamentale per l’individuo che vuole essere in sintonia col gruppo d’appartenenza nel modo di pensare ed agire, specie quando è chiamato a prendere delle decisioni o a fare delle scelte importanti.
[13. Per una descrizione della dissonanza cognitiva, vedi ad esempio Michele Liuzzi, La formazione fuori dall’aula, Franco Angeli, Milano 2006, pp.48 e segg.]
Effetto Dunning-Kruger
E se uno invece s’adegua al gruppo, rinunciando a pensare di testa sua, non è raro il caso che soffra dell’effetto inverso, cosiddetto di “Dunning-Kruger”, e ne resti impigliato. Ripetendo a pappagallo quel che dicono gli altri, crederà d’essere esperto in un campo mentre in realtà non ne capisce un’acca. Quest’altra denominazione fa riferimento agli studi di due psicologi, Dunning e Kruger, che analizzarono i comportamenti dei giocatori di tennis e di scacchi, ma la cosa s’applica bene anche ai chitarristi e ai musicisti in generale (14).
[14. Andrea Fontana, “Pensare è credere: l’effetto Dunning-Kruger”, Fake news: sicuri che sia falso?: Gestire disinformazione, false notizie e conoscenza deformata, Hoepli, Milano 2018.]
David Dunning, professore di psicologia alla Cornell University, organizzò un esperimento insieme al laureando Justin Kruger, sottoponendo dei soggetti che si ritenevano molto competenti a dei test pratici. Risultato? Tutti i partecipanti che si consideravano in gamba ottennero le valutazioni peggiori, mentre quelli che si erano sottovalutati presero i voti più alti, e sull’esperimento i due scrissero un libricino che divenne un classico degli studi sull’ignoranza di sé (15).
[15. Andrea Fontana, ibid.]
Gli esperti
Quando una persona che ama la classica è supponente, e pare conosca tutto lo scibile musicale d’ogni epoca e regione del mondo, è probabile soffra di questo effetto “Dunning-Kruger” che lo spinge a parlare di cose delle quali in realtà non sa un bel nulla. Ribadisce semplicemente quel che pensa il gruppo. Ad esempio, per la chitarra, ci sarà sempre qualche musicologo a sostenere che quel genere di musica è popolare e che a confronto coi capolavori di Wagner per orchestre spropositate lo strumento ci fa una magra figura, o che le canzoni accompagnate con la chitarra sono nulla a confronto della profondità delle frottole rinascimentali eseguite sul liuto.
L’effetto Dunning-Kruger sulle enciclopedie
Il DEUMM (Lessico, vol.II) appellandosi implicitamente al pensiero di gruppo nella sua variante Dunning-Kruger, sminuisce la “Canzone italiana” (alla voce “Musica leggera”) premettendo che “si tratta di un prodotto epigonico artisticamente inutile, poiché il suo obiettivo non è quello di allargare l’orizzonte culturale di chi l’ascolta, bensì quello di produrre e di vendere …”, mentre alla frottola, che comprendeva a cavallo tra 1400 e 1500 anche musica “leggerissima”, tipo “Scaramella va alla guerra colla lancia et la rotella la zombero boro borombetta, la zombero boro borombò. Scaramella fa la galla cholla scharpa et la stivalla, la zombero boro borombetta, la zombero boro borombò”, son dedicate ben 7 pagine encomiastiche. Lasciamo al lettore ogni commento.
Compositore per sport
Lo stesso capita per gli altri generi di musica, oltre a quelli per chitarra. Non è raro incontrare anche lì personaggi che si spacciano per esperti, dicendo di conoscere tutto di Antonio Caldara, quando la maggior parte dei suoi lavori non è stata ancora trascritta. Chi ha studiato pianoforte si definirà allora chitarrista, chi ha studiato medicina musicologo, chi pratica lo sport compositore e via dicendo. Più che la preparazione conteranno l’esteriorità e tanta faccia tosta.
Ad hominem
L’argomento “Ad hominem” lo usa invece chi argomenti non ce li ha o chi è malato cronico del “Dunning-Kruger”. L’unica cosa che sa fare è distruggere il lavoro degli altri denigrando e sminuendo la persona (17).
[17. Douglas Walton, Ad Hominem Arguments, The University of Alabama Press, Alabama 1998]
Questa è una delle tecniche più diffuse in musica, contrariamente a quel che il buon senso farebbe supporre. Se tu sostieni che la chitarra non è riconosciuta come dovrebbe nella storia del Settecento, ti attaccheranno 1) per il tuo aspetto fisico, per il tuo cognome, per il genere, per le tue tendenze sessuali, politiche, per l’etnia e la razza; 2) per l’interesse nascosto, per le straordinarie ricchezze che ci guadagni a dire così; 3) per la tua incoerenza; 4) per quel che hai detto di sbagliato dieci anni fa riguardo, ad esempio, a una specie vegetale in via d’estinzione.
Santa Barbara
Le argomentazioni “ad hominem” mostrano tutta la loro fallacia, perché una cosa può essere vera o falsa indipendentemente dalla persona che l’ha detta o sostenuta, indipendentemente da amici, familiari, insegnanti, da sbagli in faccende che con quello che uno sostiene non c’entrano proprio nulla, da errori grammaticali o refusi presenti nel testo. In molti casi basterebbe correggere il documento contestato, e il contenuto non cambia. Ma non è così semplice per chi è affetto dalla sindrome di “Dunning-Kruger”. Immaginate l’avviso: “Lasciate la stanza perché c’è una biomba che sta per saltare in aria”, e chi lo riceve che, invece di precipitarsi alla porta, decide che non è vero perché c’è una i di troppo. BOOOM!
Ad personam
Per distrarre la gente dall’argomento principale si può addirittura scadere nell’insulto. Si parla allora di argomento “Ad personam”. Uno s’occupa dei chitarristi del Seicento, e obietta che ci sono stati anche in quell’epoca dei capolavori, e il tizio che l’ascolta gli dà dell’idiota.
L’avvelenatore di pozzi
Tra le frasi contro la persona ce ne sono di speciali che mirano ad “avvelenare il pozzo”. In modo preventivo l’avvelenatore getta discredito sui concerti prima che siano eseguiti, sulle conferenze prima che si aprano, sui libri prima ancora che siano pubblicati. Chi utilizza questa figura retorica, frequentissima nell’ambito delle Accademie, può contare sull’effetto a breve termine, ma quando il giochetto si scopre i danni gli tornano indietro con gli interessi.
L’effetto lecca lecca
Il contrario dell’argomento ad personam è l’adulazione sfrenata, che spinge gli appassionati a schierarsi dalla parte dell’autorità. Se il capobranco afferma che “La musica di Beethoven è pura metamorfosi”, osservazione che è senza senso e quindi vale per qualsiasi cosa dagli albori della civiltà ai giorni nostri, c’è gente che si dispera per non aver saputo esprimere tale profondità di pensiero come ha fatto lui, e quindi pronuncerà lodi sperticate in suo onore. Se quello sostiene che Joaquín Rodrigo è “un compositore minore” sarà difficile se non impossibile convincere del contrario gli amateur preda dell’effetto lecca lecca, che devono ossequiare il capo. Quest’ultima frase infelice su Rodrigo si ritrova tra l’altro nella Oxford History of Music, vol.X, p.329.
L’onere della prova
Altro trucco di retorica musicale è quello dell’argomento “oneroso”. Messo alle strette su una questione, l’amateur se ne uscirà dicendo che “Spetta a te l’onere della prova”, come se la verità fosse sua e stabilita da un pezzo. Apparentemente questa è una tecnica solida, ma in realtà la si può facilmente smontare, perché se “il pensatore collettivo” sostiene il vero, le prove deve già averle ben presenti e spetta a lui l’onere di mostrartele, non a te. Se non lo fa bleffa perché non le conosce, e se tu trovi anche solo una di quelle sue prove che non funziona è la sua teoria a saltare, non certo la tua che deve ancora formarsi.
Il cecchino del Texas
La fallacia forse più strana è quella “del cecchino” che un giorno sparò contro una staccionata e disegnò poi dei cerchi perfetti intorno al foro del proiettile per dire che aveva centrato l’obiettivo (18). In musica è all’incirca lo stesso quando si ignorano i problemi e si considerano solo gli aspetti che fanno comodo facendo quadrare il tutto. Certi si inventeranno ad esempio che la chitarra è uno strumento leggero e ci disegneranno intorno il bersaglio cercando ogni cosa sia a favore della loro tesi.
[18. Matteo Motterlini, Trappole mentali, BUR, Milano 2008]
Il fantoccio
La “frase fantoccio” è impiegata nei discorsi tra “addetti ai lavori”. Se si discute di chitarra, e tu sostieni che “Carulli è un compositore importante”, c’è subito chi ti cambia la frase quanto basta a renderla attaccabile. Se riesce il giochetto di dire che la nuova frase l’hai detta tu, è cosa fatta. La “frase fantoccio” può assumere forme diverse, e tutte sono applicate con buona probabilità di successo dai retori di musica.
Facciamo degli esempi. Se si estremizza il concetto che hai espresso: “Carulli è un compositore importante”, la frase fantoccio apparirà a tutti inverosimile: “Carulli è il compositore più importante in tutta la storia della musica”. Si controbatterà come se l’avessi pronunciata tu, provando a farti passare per uno sciocco. Le sentenze fantoccio sono più o meno simili all’originale, ma se ne discostano quel poco che basta a renderle infelici, ridicole, e in certi casi incredibili.
Le tecniche “fantoccio”
Nelle espressioni fantoccio si proverà ad esempio a spostare il pensiero fuori del suo contesto storico, geografico, culturale: da “Carulli è un compositore importante” a “Carulli oggi è il compositore più importante, e tutti lo conoscono”, frase stavolta insostenibile.
Altri ci aggiungono un secondo attore che dice circa la stessa cosa, ma con un particolare in più che ne indebolisce il senso, e lo sostituiscono a te: “Anche X diceva che Carulli è importante. Lui sosteneva che è più bravo di Wagner”.
Potranno quindi accostare fatti contrari a quello che tu sostieni e che sono successi magari una volta sola nella vita dell’intero universo, presentandoli come fossero la norma: “Carulli è un compositore importante, lo affermò anche X.Y. a New York nel 1961, ma fu subito zittito”.
Chi è più scaltro inventerà i personaggi, i trattati, i libri, le citazioni dettagliate per ricordare che un tizio ha già provato a sostenere quel che dici tu, ma che l’argomento è vecchio, e che tu non sei aggiornato: “Carulli è un compositore importante. Non è una novità. Lo raccontavano i musicologi tedeschi già nella conferenza di Berlino del 1944. Sei attardato e quello che dici non ha valore”.
Potrebbero al contrario abbreviare quel che affermi, per semplificare il concetto e farti passare per un facilone: “Carulli è importante”.
Se nessuna delle tecniche precedenti ha funzionato, il “pensatore collettivo” assocerà la tua frase a esperienze o figure negative, sostenendo ad esempio che l’idea tua ce l’ha avuta già uno spacciatore all’angolo della strada, che magari è stato anche amico tuo, e che quindi quello che dici non ha alcun valore (19).
[19. Per la “fallacia del fantoccio” vedi ad esempio l’approfondimento di Frans H. van Eemeren, “Sulla ragionevolezza”, in AA.VV., L’Analisi Linguistica e Letteraria, Università cattolica del Sacro Cuore, Milano 2015, Anno XIII n.1.]
Una truffa presa per vera
Hugo Riemann è considerato uno dei padri fondatori della musicologia.
“La sua figura gode della massima stima possibile presso l’establishment musicale, in Germania e fuori” (così almeno dice Wiki).
È lui che ha inventato l’assurda “Età del Basso continuo”, quella che per comodo suo andrebbe dal 1600 al 1750.
Nel terzo volume dei suoi Studi musicologici del 1901 c’è un trattato latino del 1300, il De Canto fractibili brevis positio scritto da Magister Ugolino de Maltero, con la segnatura Cod.Lips.Thomas.6.III, tradotto e commentato dall’autore. Il testo serviva a provare la veridicità delle teorie di Riemann che erano state attaccate dal musicologo polacco Frank Kullack. Quel trattato fu giudicato talmente importante dalla musicologia da esser pubblicato come opera a sé, studiato nelle Università, fatto oggetto di seminari e tesi di laurea. Oggi si sa che è un falso scritto da Riemann, il quale s’era celato sotto il nome del trattatista medioevale Ugolino (=Hugo Riemann), in realtà mai esistito, per provare “scientificamente” le sue teorie. Lui, ritenuto il massimo studioso della musicologia internazionale, tra i propugnatori del “metodo scientifico”, s’era inventato quella musica del trecento che somigliava in effetti un po’ troppo all’inno tedesco. E aveva preso in giro l’avversario polacco scrivendo lì per lì addirittura il falso plateale del trattato medioevale di teoria. Il problema è che gli accademici l’han preso per vero solo perché era considerato un’autorità, mettendo in frigorifero il proprio cervello (20).
[20. Luca Bianchini, Anna Trombetta, Mozart La caduta degli dei – Parte seconda, Youcanprint, Tricase (Lecce) 2017, pp.413-415.]
I ragionamenti circolari
Se si vuol scendere nel sottile, allora è da considerare anche
la “petitio principii”, che consiste in un ragionamento circolare. Con quello si
dimostra una cosa che si dà già per scontata. Ad esempio. “Bach è un dio e la
sua musica è divina. La musica di Bach è la prova dell’esistenza di Dio”. A quest’ultimo
sillogismo si potrebbe obiettare che Bach non è la dimostrazione dell’esistenza
di Dio, ma di Antonio Caldara visto che Bach s’è formato sulla musica
dell’Italiano.
Altro sillogismo della “petitio principii” potrebbe essere il seguente: “La musica
strumentale del Settecento in Italia era in crisi. Quindi la musica per
chitarra nel Settecento è praticamente inesistente”. Qui è falsa la premessa, e
pure la conclusione.
Le generalizzazioni
La retorica “generalizzante” porta a giudicare il tutto quando si conosce, e male, una cosa sola. Ad esempio: “La musica per chitarra di Z.Y. compositore del Settecento italiano è bruttissima; quindi tutte le composizioni per chitarra del Settecento italiano sono brutte”.
La squadra di calcio
Secondo il principio “della squadra di calcio” (21), un gruppo organizzato di persone è vincente solo perchè fa parte di un team prestigioso. Chi ne è escluso non può aver voce in capitolo. Quindi ha massima autorità solo chi milita negli Atenei, nelle Scuole di Alta Specializzazione musicale, o negli istituti più quotati indipendentemente da come e cosa insegna. Questa convinzione porta certa gente a dire: “tu non sei musicologo, perché è musicologo solo chi insegna all’Università”. Si obietta in quel caso chiedendo: “Perché l’università ti ha chiamato a insegnare come musicologo se prima, non insegnando all’Università, non potevi definirti musicologo?”
[21. Stefano Bertea, Andrea Porciello, Breve introduzione alla logica e informatica giuridica, Rubettino, Soveria Mannelli (Cz) 2003, p.21.]
L’unno
La tecnica “dell’unno”, cioè quella di far terra bruciata, consiste nel contattare colleghi, conoscenti, sostenitori, amici dell’avversario per convincerli, con le buone o le cattive, a fargli il vuoto intorno.
Brancaleone alle crociate
Se non si accetta alcun confronto, se non si consentono repliche, allora si censura l’avversario. Lo si diffama con tutti i mezzi, articoli, recensioni, e si organizzano all’uopo siti internet, forum e blog. In questo caso si parla però più appropriatamente di “Armata Brancaleone alle crociate”.
Conclusioni e buoni propositi
Con queste figure retoriche s’è costruita la falsa storia della chitarra, ed è quindi giunta l’ora di smontarla a pezzi. Ora che i trucchi si conoscono, gli aristocratici della chitarra sanno come smascherarli.
La chitarra ha sempre ricoperto un ruolo determinante nella musica occidentale, e questo va sostenuto e ribadito. Guitaristocracy è lo strumento per riscrivere la storia della chitarra e insieme della musica.
Luca Bianchini, Anna Trombetta
Musicista, musicologo e compositore, Luca Bianchini s’occupa particolarmente di Mozart, della musica del Settecento, della Scuola musicale napoletana e del sistema dei partimenti